Ed è su questo fronte che emerge un dato peggiorativo, quando si ascoltino i giovani su a chi spetti la responsabilità di prevenire un concepimento. Nel 2007 (in cui il campione era solo femminile), il 48% pensava che la scelta contraccettiva spettasse solo alla ragazza. Ora, con un campione misto (78% ragazze, 22% ragazzi), la percentuale che attribuisce alla giovane donna la sola responsabilità della contraccezione sale al 62%. Ecco un errore clamoroso: aver puntato per decenni su un’educazione contraccettiva solo femminile, dimenticando che il ruolo maschile deve essere altrettanto importante, con una responsabilità assunta al 50%.
Che il maschio italiano si sia molto deresponsabilizzato, a tutte le età, lo dimostra il dato pragmatico della vendita dei profilattici: salita a 115.000.000 di pezzi, in Italia, nel 1999, sull’onda della paura dell’AIDS, era crollata a circa 100.000.000 nel 2005: 15.000.000 in meno di rapporti protetti la dicono lunga sull’incremento del rischio di malattie e gravidanze indesiderate. Ora le vendite sono in lenta ripresa (dati Nielsen, 2007): ma se si pensa al drammatico incremento della promiscuità sessuale negli ultimi dieci anni, è evidente come la frattura tra numero di rapporti e autoprotezione sia davvero inquietante.
Non sorprende che poi, se il 54% considera una gravidanza un autogol, ben il 41% pensa che sia colpa del/la partner. Dato che indica bene come l’atteggiamento irresponsabile, passivo, fatalista, interessi quasi un/a giovane su due. In linea peraltro con un malcostume italiano secondo cui “la colpa è sempre degli altri”.
Bocciatura finale: il 50 % dei giovani intervistati ritiene l’educazione sessuale un’inutile perdita di tempo, il 27% un noioso ma necessario dovere, solo il 22% la riconosce come presupposto fondamentale. Come piccola consolazione, il 66% dei giovani ritiene la pillola contraccettiva una “compagna di squadra” della forma fisica. Forse grazie alla pillola contraccettiva al drospirenone, oggi la più usata in Italia. Grazie a questo progestinico ad azione lievemente diuretica, questa pillola, presente in versione light e normale, a diverso tasso di estrogeni, consente infatti di ridurre il peso (di un chilo, in media, nei primi nove mesi di uso) e di contrastare la tendenza femminile a cellulite ed aumento di peso. Certo, se unita a stili di vita sani.
Quali le conseguenze di questo fallimento educativo? Molte, e ad alto costo. Costano le pillole del giorno dopo, il cui utilizzo è aumentato del 59,5% dal 2001, anno di uscita sul mercato italiano; costano le interruzioni di gravidanza, in aumento nelle giovani italiane sotto i 20 anni, e tra le immigrate tra i 20 e i 30 anni. Costano, e molto, le conseguenze delle malattie sessualmente trasmesse: costano i farmaci per curarle, costano gli interventi chirurgici (soprattutto nelle lesioni precancerose e cancerose da Papillomavirus), costano, e tanto, le cure per l’infertilità conseguenti alle lesioni dell’endometrio e delle tube da Chlamydia. Germe che, per inciso, mostra un picco di infettività tra i 15 e i 24 anni. Costano le conseguenze sulla salute generale, del tutto sottovalutate. Accanto ai costi quantizzabili, già pesanti, ci sono quelli non quantizzabili dal mero punto di vista economico. Sono i costi emotivi: il dolore, la preoccupazione, l’ansia, la disperazione per la perdita della capacità di avere figli, o addirittura il rischio di morire per un cancro dovuto ad una malattia sessuale. Per non parlare dei costi sul fronte etico.
Bandiera bianca, allora, sull’educazione sessuale? No: ma un serio ripensamento su come viene effettuata. La famiglia deve riprendersi il ruolo educativo primario, con i padri in primo piano per i figli maschi: il messaggio educativo funziona molto di più da uomo a uomo, e da donna a donna. Quando i genitori educano davvero, i ragazzi crescono bene e con senso di responsabilità, pur godendosi tutta la loro giovinezza. Dunque si può. E accanto alla famiglia? Per i maschi, ben vengano gli allenatori, che nell’adolescenza hanno spesso più ascendente e credito sui giovani di quanto ne abbiano i padri. E, a scuola, utilizziamo altre strategie. Per esempio, formando i ragazzi delle quinte superiori, perché possano poi parlare loro stessi ai più piccoli. Amici e coetanei sono infatti i più ascoltati. Usciamo dagli ambiti istituzionali, per parlare di prevenzione nelle discoteche o nelle palestre: in quest’ultima direzione partirà un’iniziativa congiunta tra CONI e SIGO. Utilizziamo il buono che c’è su Internet: per esempio, il sito educativo "Scegli tu", sempre della SIGO, la Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia che si sta attivamente muovendo per cambiare davvero le cose. Un sito che utilizza linguaggi innovativi, You tube e realtà virtuale, con una sostanza d’informazione garantita da un comitato scientifico medico di alto profilo.
Usiamo costruttivamente e in modo autocritico questi dati: l’educazione dei nostri giovani può nettamente migliorare se ciascun adulto, nel proprio ambito di competenza, si assume la responsabilità di fare la propria parte, sul più ampio fronte della salute giovanile, non solo sessuale. Per avere notti in sicurezza, senza alcool, senza droghe e senza stragi, e mattini luminosi, senza angosce del giorno dopo.
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