Il calcio e la salute del bambino, prima e dopo la nascita
18/07/2007 Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano
Il calcio è fondamentale non solo per le donne in dolce attesa: anche il bambino ne ha un gran bisogno. Perché questo elemento (con la vitamina D) è essenziale per scongiurare il rachitismo.
“Ci ha molto interessato il suo articolo sul calcio in gravidanza, perché anch’io non assumo latte e mangio pochissimo formaggio! Aiuto, mi sono detta, quando ho letto l’articolo! Io e mio marito non avremmo mai pensato che un’alimentazione povera di latticini potesse influire così tanto sulla salute della donna. Adesso sono al terzo mese della mia prima, desideratissima gravidanza e vorrei sapere tutto per vivere al meglio questo momento che per me e mio marito è proprio magico. Lei ci ha molto incuriositi perché su questo argomento sapevamo molto poco. Qual è allora il ruolo del calcio per la salute del piccolo, anche dopo, durante l’allattamento? Grazie mille!”. Anna e Francesco C. (Vicenza)
A me piace molto condividere con lettrici e lettori conoscenze preziose per la salute e la vita quotidiana. Piccole cose, che però possono aiutarci a vivere meglio e in modo più consapevole. E naturalmente sono felice quando una mail o una lettera affettuosa mi segnalano che l’argomento è utile ed è piaciuto! Grazie a voi, quindi. Ecco tutte le informazioni sul calcio in gravidanza, e durante l’allattamento, stavolta dalla parte del bambino.
Quali rischi ci sono per la salute del feto e del neonato se l'alimentazione della mamma in gravidanza è povera di calcio?
Innanzitutto, è a rischio la densità dell’osso del bambino, che è ugualmente condizionata dalla qualità della dieta materna. Quattro studi hanno paragonato la densitometria ossea fetale, e la lunghezza del femore, tra neonati figli di donne di classe elevata, con adeguato apporto di calcio, verso donne di povera condizione, il cui apporto era circa il 50 per cento dell’ottimale. Tutti indicano una significativa riduzione della densità dell’osso fetale, ma anche della lunghezza del femore, nei bambini nati da donne con introduzione di calcio inadeguata.
Si sono rischi specifici per l'andamento della gravidanza che si ripercuotono sul bambino?
Sì. La ridotta assunzione di calcio nella madre complica l’andamento della gravidanza con conseguenze importanti per il feto, a breve e lungo termine. Molte ricerche scientifiche hanno documentato che bassi livelli di calcio alimentare nella madre possono contribuire a: una ridotta crescita intrauterina, con bambini piccoli per la data (“small for date”), nati sia pretermine, sia a termine; un aumento dei parti pretermine; un aumento delle morti intrauterine e perinatali; una più elevata pressione arteriosa nel neonato, segno di prolungato stress fetale, con aumento della cortisolemia, fattore predittivo di un maggior rischio di ipertensione anche nell’età adulta; nonché aumentata esposizione del feto ai danni tossici da piombo. Quest’ultimo è dovuto alla mobilizzazione di questa sostanza tossica dai depositi presenti nell’osso materno, quando la dieta carente di calcio aumenti la sua mobilizzazione per garantire livelli di calcio nel sangue (“calcemia”) ottimali. Non si tratta quindi di rischi da sottovalutare!
E' sufficiente il calcio, o serve anche la vitamina D?
Essenziale: l’osso non vive di solo calcio, ma anche, tra l’altro, di vitamina D. La sua carenza, combinata alla scarsa assunzione di calcio nella madre durante la gravidanza e, soprattutto, durante l’allattamento, è infatti responsabile del rachitismo. E’ una malattia che torna ad essere importante anche nel nostro Paese, soprattutto nei figli delle immigrate che, per ridotta o assente esposizione al sole dovuta al tipo di vestiario molto coprente, hanno una carente attivazione della vitamina D. Il ginecologo può fare molto nel prevenirlo, attraverso un’adeguata valutazione alimentare e/o una supplementazione di calcio ma anche di vitamina D, in gravidanza e in puerperio.
Quali sono i bambini più a rischio di rachitismo da carenza di vitamina D?
I bambini a rischio sono quelli allattati esclusivamente al seno fino all’anno di età o oltre, i figli di immigrati a pelle scura che vivono ora in climi temperati, qual è l’Italia, oltre ai bambini che vivono in Medio Oriente o in talune aree dell’Africa. Il rachitismo infatti è dovuto non solo alla carenza di vitamina D, come si riteneva in passato, ma anche alla carenza di calcio alimentare, in uno spettro di vulnerabilità in cui ad un estremo si colloca la mancanza di vitamina D e all’altro quella di calcio, con una maggior frequenza di situazioni intermedie in cui entrambe le carenze concorrono alla patogenesi del rachitismo. Nello specifico, la carenza di calcio esaspera le conseguenze della carenza di vitamina D.
L'allattamento al seno protegge il bambino dal rachitismo?
In parte. I bambini allattati al seno sono generalmente protetti dal rachitismo da carente vitamina D nei primi mesi di vita, perché i metaboliti di questa vitamina, e in particolare la 25-idrossivitamina D [25(OH)D] attraversano la placenta, cosicché i livelli fetali in gravidanza sono all’incirca i due terzi di quelli plasmatici materni. Poiché l’emivita plasmatica della [25(OH)D] è di circa tre settimane, e la vitamina è liposolubile e quindi in parte depositata nei tessuti, il neonato ne ha una certa provvista che lo protegge per i primi 3 mesi. Il rachitismo clinicamente evidente compare soprattutto tra i 3 e i 18 mesi. Il latte materno contiene in genere poca vitamina D, insufficiente a soddisfare i bisogni del neonato. Tuttavia, è stato dimostrato che i livelli di vitamina D nei neonati sono più correlati alla loro esposizione al sole che non al contenuto della vitamina stessa nel latte materno. Una passeggiata in carrozzina all’aria aperta aumenta anche la vitamina D attivata nel bambino! In sintesi: un adeguato apporto di calcio e di vitamina D con la dieta, durante la gravidanza e il puerperio, riduce i fattori predisponenti a malattie sia della mamma, sia del bambino.
Approfondimento – Tutte le prove che dimostrano l'aumentato bisogno di calcio in gravidanza
Ecco le ragioni per un’alimentazione attenta alla salute di mamma e bambino, anche sul fronte del calcio: - la riduzione della massa ossea in gravidanza, valutata come densitometria ossea, è del 3,6 per cento circa, ma può raggiungere il 5 per cento, fino al 7 per cento, in casi di diete nettamente inadeguate; la perdita interessa tutti i distretti, con variazioni locali; - i marcatori del metabolismo osseo sono nettamente aumentati in gravidanza, il che indica un aumento nel riassorbimento e una perdita secca di salute ossea; - parte dell’osso perduto durante l’allattamento è recuperata dopo lo svezzamento. Tuttavia, se la perdita è stata importante, non viene più raggiunto il valore di densità antecedente alla gravidanza; - se una dieta ricca di calcio e/o con supplementi (1000 mg/giorno) viene prolungata anche nella fase di svezzamento, il recupero di densità ossea è significativamente maggiore rispetto al recupero fisiologico; - la percentuale di perdita in gravidanza e allattamento è superiore alla perdita annua in menopausa!
ATTENZIONE: Ogni terapia va individualizzata e monitorata in ciascuna paziente dal medico specialista esperto nel campo. Queste schede informative non possono in alcun modo sostituirsi al rapporto medico-paziente, né essere utilizzate senza esplicito parere medico.