Marina C. (Bologna)
Il regista più potente della forma e della funzione dei corpi cavernosi, ma anche dell’attività di un terzo dei vasi vaginali (gli altri due terzi richiedono gli estrogeni per agire al meglio), è il testosterone, che in noi donne è presente in quantità ben superiori agli estrogeni, con l’eccezione della gravidanza. La produzione di testosterone (80% ovarica e 20% surrenalica, nella donna normopeso) si riduce dai vent’anni in poi, per cui a cinquant’anni una donna ha perso il 50% del testosterone. Una perdita che arriva all’80% se le ovaie vengono asportate chirurgicamente per endometriosi o in occasione di un’isterectomia, o sono “silenziate”, dopo chemio o radioterapia.
Ecco il punto critico: la perdita progressiva di testosterone riduce in parallelo volume e funzione dei corpi cavernosi, come è stato ben dimostrato da Tarcan e collaboratori, dell’Università di Boston, nel lontano 1999. Con studi anatomici autoptici, i ricercatori hanno dimostrato una riduzione media di oltre il 50% nel volume dei corpi cavernosi femminili tra i 20 e i 50 anni, che rispecchia l’andamento in caduta del testosterone, e la parallela riduzione del piacere fisico. Al punto che un 20-25% delle donne dopo la menopausa dice: «Il mio clitoride è morto» .
Il secondo fattore di riduzione di intensità dell’orgasmo è il danno vascolare da fumo (killer dell’erotismo), ipertensione, diabete, obesità, ipercolesterolemia, inattività fisica, come succede negli uomini. Il terzo è la menopausa non curata.
Ottima notizia: il piacere può resuscitare! Se ridiamo tempestivamente al corpo il testosterone perduto, con modalità e dosi appropriate, sotto controllo medico. Se preveniamo, o correggiamo, gli altri fattori di rischio vascolari. E se curiamo bene la menopausa. «L’anatomia è destino», diceva Sigmund Freud. Nei due sensi, per fortuna: rigenerando il tessuto cavernoso, anche l’orgasmo torna a volare.
Pillole di salute
Carlo T. (Udine)
Sì, perché il ristagno di feci nell’ampolla rettale ne infiamma la parete, facilitando il passaggio attraverso la mucosa di germi, come l’Escherichia coli Uropatogeno (UPEC) o altri, che attaccano la prostata e vi si annidano, infiammandola.
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