«No, certo. Mi piace poter guardare una donna negli occhi, mentre ci parliamo, ma se c’è un problema ascolterò di più la voce!», rispondo sorridendo.
«No. Mi guardi bene, invece. Me li tolgo solo per un secondo, così capisce perché sono venuta da lei». Solleva rapida gli occhiali: due occhi molto arrossati, sofferenti, le palpebre gonfie.
«Visto che disastro? Non ho più lacrime!», aggiunge mentre li rimette, ben aderenti al volto. «Mi ha mandato da lei l’ultimo oculista, che ha escluso il Sjögren [una malattia autoimmune che causa secchezza agli occhi]. Mi ha dato speranza: dice che il problema interessa il 35-40% delle donne dopo i 50 anni. Però mi ha salutato con una frase sibillina che mi ha lasciata inquieta: Speriamo che faccia in tempo!».
Un po’ diffidente, aggiunge: «Ma lei è anche oculista, giusto per capire perché mi ha mandata qui?».
Rido. «No! Ho solo la fortuna di collaborare con specialisti di ambiti diversi, come l’oculista cui lei si è rivolta, da cui imparo tanto. Insieme discutiamo i casi e cerchiamo terapie condivise: competenze gemelle, le chiamo io. Lavoriamo sui denominatori comuni che sottendono patologie apparentemente lontane. La pazienti sono contente quando vedono specialisti diversi che si ascoltano e collaborano con attenzione. I risultati delle terapie sono migliori». «Aveva ragione mio papà – aggiungo – Fin da piccola mi diceva sempre: Due fa per tre, uno fa per mezzo, ricordatelo! Usa la testa e scegli bene con chi collaborare…».
«Lei voleva molto bene a suo papà?», mi chiede la signora con un’altra morbidezza nella voce.
«Sì molto! Anche lei?».
«Sì! Chissà che suo papà avesse ragione», aggiunge, sorridendo più fiduciosa.
Ottimo, penso tra me, adesso il feeling giusto c’è. Santi papà!
«Tornando ai suoi occhi, mi dica tutti i sintomi che la disturbano di più».
«E’ cominciato con la sensazione di occhio secco, di più se andavo in montagna o c’era vento. Poi gli occhi sempre più rossi. Non ho più potuto mettermi le lenti a contatto: un bruciore, un fastidio, come se avessi la sabbia negli occhi. Non sopporto più la luce, come le dicevo. Mi stanco a leggere anche il giornale, non le dico a video. Oltre al fatto estetico: occhi stanchi, malati, orrendi... E l’obbligo di usare questi occhiali neri che ho sempre detestato».
«Ecco perché l’ha mandata qui: dietro questi sintomi c’è lo zampino della menopausa!».
«Anche sugli occhi?!».
«Sì, perché senza estrogeni e androgeni, le ghiandole lacrimali producono quantità minori di liquido. Fino a che si esauriscono del tutto, circa dieci anni dopo l’ultima mestruazione. Ecco il perché della battuta sul tempo! Il film lacrimale è essenziale per proteggere la congiuntiva e la cornea dalla normale disidratazione quando l’occhio è aperto, di giorno. Ancor più quando la disidratazione è più veloce in caso di vento, o sole. O quando si usano le lenti a contatto. Oltre i dieci anni circa, anche le terapie ormonali non hanno più chance di far ringiovanire, diciamo così, le ghiandole lacrimali. E la secchezza colpisce il 70-80% delle donne, oltre i 60 anni».
«Chissà di fare in tempo. Sono solo le ghiandole lacrimali a patire così?».
«La carenza di ormoni colpisce tutte le ghiandole esocrine, che riversano il loro contenuto all’esterno del corpo: come le salivari, la vaginali (ghiandole del Bartolini), ma anche quelle intestinali: è questa una delle cause della tendenza alla stitichezza, dopo la menopausa».
«Ma pensa te! E’ meglio che lei si gemelli con tanti! Allora me la dà ‘sta cura benedetta?».
«Sì: non ci sono controindicazioni nella storia clinica, gli esami sono buoni. E la visita conferma che tutto il suo corpo ha bisogno di ormoni per tornare a vivere bene. Ho visto tanta secchezza, anche a livello intimo». «Nebbia in Val Padana anche lì…».
Per fortuna gli ormoni anti-secchezza arrivano dappertutto!
Menopausa e premenopausa Secchezza oculare / Occhi secchi Terapia ormonale sostitutiva