Nicoletta C. (Vercelli)
Pensiamoci: se una donna è diabetica, le diamo o no l’insulina fino a quando muore? Idem con l’ormone tiroideo o surrenalico. L’esaurimento dell’ovaio è l’unico caso in medicina in cui una ghiandola endocrina, ossia che produce ormoni, si esaurisce (o viene tolta, con l’ovariectomia) e non viene sostituita. Le pare logico? Dico sempre: «La menopausa tira fuori il peggio della genetica e del carattere di una donna. Invece, una terapia ormonale su misura, unita a stili di vita sani, valorizza il meglio della sua genetica e del suo carattere». Ecco perché sono così a favore delle terapie ormonali (con l’eccezione delle poche controindicazioni, quali tumore al seno, adenocarcinomi dell’utero o dell’ovaio, e trombosi, per citare le più importanti e frequenti). Oltretutto, abbiamo a disposizione cure diverse, nuove e sicure, anche dal punto di vita mammario: e allora, perché continuare a seguire in modo ottuso la demonizzazione delle terapie ormonali, vivendo male o malissimo e con un anticipo di patologie gravi?
Quali sono gli organi e i tessuti più aggrediti dalla menopausa?
Ecco perché la perdita di ormoni sessuali causata dall’esaurimento ovarico responsabile della menopausa provoca danni a carico di molti organi e funzioni. Vediamo quali.
Il cervello
Dopo la menopausa, la caduta degli estrogeni provoca un’infiammazione cerebrale “di basso grado” che colpisce le quattro aree principali:
- l’ipotalamo, la centralina che regola i nostri bioritmi: ed ecco le vampate di calore (che aumentano il rischio di depressione e Alzheimer, ma anche di ipertensione “aggressiva”), le sudorazioni notturne, l’insonnia, le alterazioni dell’appetito, l’aumento di peso;
- il sistema limbico, che regola la vita emotivo-affettiva: ed ecco l’aumento di ansia, l’irritabilità, gli attacchi di panico e la depressione;
- la corteccia cognitiva e l’ippocampo: ed ecco le difficoltà di memoria, ma anche di attenzione e di concentrazione;
- l’area che governa i movimenti (“nigrostriatale”): ed ecco che aumenta la tendenza a inciampare, per esempio, ma anche a macchiarsi mentre si mangia, per la perdita di qualità dei movimenti fini della mano e del braccio.
Tutti questi sintomi peggiorano drasticamente se sono state asportate le ovaie (“ovariectomia”), o se si è fatta una chemioterapia o radioterapia pelvica, perché così si perde la produzione ovarica di testosterone, essenziale anche nella donna per la salute del cervello (e non solo). Uno studio americano ha dimostrato che le donne ovariectomizzate prima dei 45 anni, che non hanno fatto terapie ormonali, e che sono state seguite nei trent’anni successivi, hanno avuto un aumento:
- del 46% di sviluppare deficit cognitivi fino alla demenza di Alzheimer;
- del 68% di sviluppare un parkinsonismo.
Vi dicono niente questi rischi pazzeschi di cui nessuno parla sui media?
Il cuore e i vasi sanguigni, con:
- ipertensione “maligna”, ossia più difficilmente controllabile con cure farmacologiche, se la donna non usa la terapia ormonale e ha vampate frequenti e violente, con aumentato rischio di ictus e paralisi;
- arteriosclerosi che aumenta se, oltre a non fare terapia ormonale, la donna ha un aumento di colesterolo e glicemia (che peggiorano nella menopausa non curata), se fuma, se non fa attività fisica o è in sovrappeso od obesa;
- infarto.
Tutti questi rischi e patologie cardiovascolari sono dieci volte più frequenti del tumore al seno: le donne muoiono molto più per malattie cardiovascolari e sono malate molto più lungo, per esempio per le temibili conseguenze dell’ictus, quali l’emiparesi o la perdita della parola (afasia). Eppure le donne non li percepiscono e non ne hanno paura!
Il metabolismo degli zuccheri e dei grassi, con:
- diabete: dopo la menopausa aumenta la vulnerabilità alla comparsa e alla progressione del diabete, che invece rallenta, e molto, se si fa la terapia ormonale sostitutiva e se si hanno stili di vita sani;
- ipercolesterolemia: dopo la menopausa non curata aumentano il colesterolo totale e l’LDL colesterolo (“cattivo”), mentre si riduce l’HDL colesterolo (“buono”), il che peggiora l’arteriosclerosi e la sua conseguenza più temibile: la demenza arteriosclerotica, che causa circa la metà di tutte le forme di demenza (l’altra metà è causata dalla demenza di Alzheimer);
- aumento di peso: il metabolismo rallentato, esasperato dall’inattività fisica, causa non solo aumento graduale del peso, ma anche un cambiamento della forma del corpo, con aumento del grasso addominale e del punto vita: il deprimente “look menopausa”.
L’osso:
- dopo la menopausa peggiorano osteopenia e osteoporosi, fino alla temibile frattura di femore, una delle cause più frequenti di istituzionalizzazione dell’anziana e di morte, spesso per trombosi o embolia da immobilità.
Le articolazioni:
- l’artrosi è un’infiammazione dell’articolazione che porta alla progressiva lesione dei capi articolari, con degenerazione, gonfiore e deformazione articolare, dolore e incapacità funzionale. Dopo la menopausa l’artrosi triplica nelle donne rispetto agli uomini, proprio per la perdita degli estrogeni, che sono superprotettivi per il tessuto articolare. In particolare, il 26 per cento delle donne ha un’artrosi aggressiva a carico delle articolazioni di mani, piedi e ginocchia nei primi due anni dall’ultima mestruazione. La prima efficacissima terapia per ridurre l’infiammazione, il dolore e il danno delle articolazioni è ormonale, ma poche la usano!
I muscoli:
- le donne temono un problema estetico, le “braccia a vela”, dovute alla perdita di massa e forza muscolare (“sarcopenia”) causata dalla menopausa e dall’invecchiamento. In realtà dovrebbero temerne ancora di più le conseguenze di salute, perché la perdita di massa e forza muscolare aumenta la vulnerabilità a cadute rovinose. E’ essenziale l’attività fisica, che potenzia l’azione protettiva degli ormoni: raccomando sempre (e pratico io stessa!) almeno un’ora di camminata veloce al giorno. Due dati scientifici importanti: la velocità del passo correla ad ogni età con la longevità in salute. E la forza del quadricipite (il muscolo della coscia) correla con la performance mentale. Davvero, come dicevano gli antichi: «Mens sana in corpore sano»!
L’apparato digestivo:
- senza estrogeni cambia la qualità delle secrezioni digestive, cambia l’ecosistema intestinale ed ecco la pancia gonfia (“meteorismo”), le difficoltà di digestione, la stitichezza.
La vescica e l’apparato urinario, con:
- urgenza minzionale e incontinenza da sforzo, che aumentano dopo la menopausa;
- cistiti ricorrenti, soprattutto 24-72 ore dopo il rapporto (post-cotali), che possono migliorare nettamente con terapie estrogeniche almeno locali, vaginali.
Vulva, vagina e funzione sessuale, con invecchiamento:
- dei genitali esterni, che causa secchezza, prurito, difficoltà orgasmiche;
- dei genitali interni, tra cui la vagina, con secchezza, dolore ai rapporti, bruciori, perdite maleodoranti, cistiti, sintomi per cui esistono molte efficacissime opportunità di cura, sia locali, sia sistemiche.
La perdita degli estrogeni colpisce precocemente vagina, vulva, vescica e sessualità, per cui oggi si parla di “sindrome genitourinaria della menopausa” per indicare la necessità di diagnosticare e curare in modo appropriato e tempestivo tutti questi problemi, che si ripercuotono poi anche sul partner e sulla relazione di coppia.
Organi di senso:
- la pelle e le mucose: «Quando quaranta inverni cingeranno d’assedio la tua fronte, e scaveranno nella bellezza tua trincee profonde…», così scriveva Shakespeare, poeta inglese, in un famoso sonetto. Nel Seicento, a quarant’anni la donna era già vecchia, usurata dalle molte gravidanze, dalla fatica quotidiana e dalle inadeguatezze alimentari. Ora gli inverni sono cinquanta, o sessanta, ma le trincee restano: le rughe sono infatti figlie della carenza di estrogeni e testosterone, oltre che di troppa esposizione al Sole. Peggiora anche la salute di unghie e capelli. Ma la perdita di seduttività non è solo questione di rughe: senza ormoni sessuali la donna perde anche lo splendido “profumo di donna” che dipende proprio dalla produzione di feromoni, sostanze sessualmente attraenti, prodotte dalle ghiandole sebacee e sudoripare, per effetto degli ormoni sessuali. Senza questo profumo sottile, la donna rischia di diventare invisibile dal punto di vista dell’attrattività sessuale, anche se è bella e curata;
- senza ormoni peggiorano anche olfatto, gusto, tatto, vista, udito, con variabilità diversa a seconda anche delle differenze genetiche tra donne diverse.
Perché dunque non curare tutte queste conseguenze della perdita di estrogeni, progesterone e testosterone e deidroepiandrosterone (DHEA), quando potremmo fare terapie ben personalizzate che ci fanno vivere molto meglio e con pochi rischi?
Quali sono i rischi della terapia ormonale sostitutiva?
Circa una donna su mille che fa la terapia ormonale sostitutiva è a rischio di trombosi (e le altre 999 no!). Il rischio è presente nelle donne che hanno familiarità per trombosi o che hanno già avuto un pregresso episodio di tromboflebite, nelle fumatrici, nelle donne sovrappeso od obese, nelle donne che non fanno attività fisica, o nelle donne che non abbiano sospeso la terapia ormonale in caso di interventi chirurgici, o di fratture alle gambe che abbiano richiesto l’ingessatura e una relativa immobilità prolungata. Decisamente una minoranza rispetto a quante potrebbero fare la terapia in piena sicurezza e soddisfazione.
Riflessione: se una persona su mille che va in auto ha un incidente, smettiamo di andare in auto? No, la usiamo cercando di essere prudenti e rispettare le regole. Perché con gli ormoni, per un rischio ben inferiore a quello di incidenti in auto, rifiutiamo ogni possibilità di cura?
E se la donna non ha l'utero? Solo vantaggi!
In queste donne senza utero il risultato in benessere e salute va ancora meglio se la terapia estrogenica è integrata con un po’ di testosterone vegetale in crema e/o di deidroepiandrosterone (DHEA), il precursore di tutti gli ormoni sessuali. Va assunto su prescrizione medica, in capsule, da 10 o 25 milligrammi al giorno, preparate dal farmacista preparatore certificato. A cinquant’anni una donna in menopausa naturale ha già perso il 50 per cento del testosterone e ben il 70 per cento del DHEA. Diventa come una Ferrari senza benzina. Se le ridiamo gli ormoni perduti, ritrova tutto il suo smalto e la sua energia. Quindi almeno le donne che hanno tolto l’utero (il 20-25 per cento in Italia, a seconda delle regioni) potrebbero farla in piena sicurezza! E invece solo il 3 per cento delle donna italiane fa la terapia ormonale: dal mio punto di vista, un’omissione di soccorso, sapendo quanto una menopausa non curata con ormoni faccia aumentare le patologia cardiovascolari, cerebrali, Alzheimer, Parkinson, osteoporosi, artrosi, incontinenza urinaria, perdita del desidero sessuale, secchezza vaginale, cistiti recidivanti, oltre all’invecchiamento cutaneo e alla perdita di energia vitale. Ben l’86 per cento delle mie pazienti fa la terapia ormonale sostitutiva, la fa a lungo e con soddisfazione: il che vuol dire che la donna italiana non è “allergica” alle terapie ormonali. E’ solo impaurita, ma se viene ben informata e rasserenata fa la terapia con gusto, convinzione e soddisfazione. Non la deve fare solo chi ha avuto un tumore al seno, un adenocarcinoma dell’endometrio o dell’ovaio o una pregressa trombosi.
In pratica: affidarsi a un medico specializzato nella terapia della menopausa, che è anche un ottimo anti-age, è il modo migliore per fare un progetto di salute di grande qualità, per invecchiare “in autonomia, dignità e grazia”, come diceva mia mamma. Ma anche la donna deve fare la sua parte con stili di vita sani: solo così il progetto di salute darà risultati certi, con piena soddisfazione anche del partner e della famiglia!
Secchezza vaginale: ecco tutte le cure locali
Per il 10-12 per cento di donne che non possono usare gli estrogeni, nemmeno locali, perché in corso di terapia per tumore al seno o per adenocarcinoma dell’ovaio o dell’utero, per ridurre secchezza e dolore oggi è possibile usare l’acido ialuronico vaginale, che ha un’eccellente azione riparativa e antiossidante; il gel al colostro, ad azione ricostruttiva; il laser vaginale, molto più costoso; o creme diverse fitoterapiche, che però hanno un impatto terapeutico inferiore agli ormoni.
Ecco le nuove terapie sicure per il seno
Ecco le terapie comunque protettive.
Estrogeni coniugati e bazedoxifene
Una terapia sicura dal punto di vista mammario è una compressa che contiene estrogeni coniugati (EC), molto usati in passato e utili a ridurre tutti i sintomi della menopausa, e il bazedoxifene (BZD), che non è un ormone, bensì una sostanza protettiva per il seno. Ha infatti il pregio di proteggere mammella e utero dal possibile effetto negativo, ancorché minimo, degli estrogeni usati nelle terapie ormonali. La combinazione degli estrogeni coniugati (0,45 mg) e bazedoxifene (20 mg) è stata molto studiata. Ha dimostrato ottima efficacia nel ridurre i sintomi postmenopausali con notevoli vantaggi: sia sul fronte seno e utero (non dà aumento di tumori in questi organi), sia sul fronte cardiovascolare, perché non aumenta il rischio trombotico. Perché il bazedoxifene è protettivo? E’ un “cugino” del tamoxifen, farmaco noto alle donne perché usato per prevenire sia il tumore al seno, sia sue eventuali recidive dopo una prima diagnosi. Entrambi sono modulatori selettivi del recettore estrogenico (Selective Estrogen Receptor Modulators, SERM). Il BZD è molto interessante perché, diversamente dal tamoxifen, oltre alla mammella protegge anche l’endometrio, che è la mucosa interna dell’utero. Per questo è stato scelto.
Il vantaggio? Quella donna su mille che, con la terapia ormonale sostitutiva classica, avrebbe avuto un tumore al seno in più (rispetto al rischio basale), non lo avrà se assume questa combinazione EC/BZD.
Questa terapia è indicata per le donne:
- in menopausa da almeno 12 mesi, ossia un anno dopo l’ultimo ciclo mestruale;
- che hanno sintomi (vampate di calore, sudorazioni notturne, insonnia, secchezza vaginale, disturbi sessuali) e segni (osteopenia/osteoporosi) di carenza estrogenica;
- che hanno l’utero;
- che non tollerano il progesterone o i progestinici delle terapie ormonali classiche, perché lamentano gonfiore/dolore al seno (mastodinia), e/o che hanno il seno denso.
Ospemifene
Per tutte le donne che hanno già completato le cure per un tumore al seno, e lamentano una secchezza vaginale pesante con rapporti dolorosi o impossibili, ecco un’altra buona notizia: è disponibile in Italia l’ospemifene, un altro SERM (cugino del tamoxifen e del bazedoxifene) e quindi protettivo per il seno, in una formulazione che non contiene estrogeni né progestinici. Ecco perché è stato approvato sia per tutte le donne che hanno secchezza vaginale, ma non vogliono le terapie locali, sia per le donne che hanno terminato tutte le cure dopo il tumore alla mammella. Il vantaggio: riduce nettamente la secchezza vaginale e continua a proteggere il seno.
Gentili lettrici, non sopportate in silenzio tutti i guai causati dalla menopausa. Parlatene con i vostri ginecologi perché abbiamo nuove terapie efficaci che ci ridanno finalmente fiducia sulla sicurezza sul fronte seno, e non solo.
Come scegliere la terapia ormonale sostitutiva su misura?
1. principi attivi: estrogeni (estradiolo, estriolo, estrogeni coniugati, promestriene), progesterone o progestinici (i suoi “cugini” sintetici), testosterone e DHEA. Esiste poi una classe di sostanze non ormonali, i cosiddetti Modulatori Selettivi dei Recettori Estrogenici (Selective Estrogen Receptor Modulators, SERM), che interagiscono con i recettori degli estrogeni in modo intelligente, come una chiave nella serratura: a seconda dell’organo agiscono attivando il recettore, oppure bloccandolo. I SERM includono l’ospemifene, il bazedoxifene, il tamoxifen, molto usato per prevenire il tumore alla mammella e le sue recidive, e il clomifene usato come cura per decenni per migliorare l’ovulazione in caso di ridotta fertilità;
2. dosaggi, che tengono conto della potenza biologica del singolo principio attivo, dell’età della donna, delle sue condizioni di salute, degli anni trascorsi dalla menopausa;
3. vie di somministrazione: orale, transdermica (cerotti o gel), transmucosa (creme, ovuli, anelli vaginali), intrauterina (spirale al levonorgestrel), impianti sottocutanei, iniezioni intramuscolari, che possono essere variamente combinati;
4. sintomi dominanti: così da personalizzare la cura scegliendo le combinazioni ormonali più adatte a migliorare proprio il gruppo di sintomi di cui si soffre.
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