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Mestruazioni dolorose: allarme rosso sulla salute

Mestruazioni dolorose: allarme rosso sulla salute
05/04/2022

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Mi sento molto in colpa. Mia figlia si è sempre lamentata di mestruazioni molto dolorose, ma siccome anch’io le avevo così, e mia mamma anche, ho sempre pensato che fosse meglio non far tragedie. Un po’ di antidolorifici, che noi neanche avevamo, e stai tranquilla. Il mio dolore mestruale si è molto ridotto dopo la nascita della prima figlia, e così era stato per mia mamma, senza altri problemi. Ora invece scopriamo che mia figlia, 18 anni, ha una brutta endometriosi e che quel dolore era il primo sintomo da ascoltare. Con l’ecografia l’endometriosi è stata vista nella parete dell’utero e, dice la dottoressa, anche profonda in altri tessuti. Ha anche prospettato un intervento. Siamo preoccupatissimi. Quale può essere adesso la cura migliore?”.
Mamma in angoscia
Comprendo bene i suoi sentimenti, gentile signora. Purtroppo la tendenza a “normalizzare” il dolore mestruale è diffusa sia nelle famiglie sia tra i medici. Ancor più se la mamma o altri familiari ne hanno sofferto, senza altre conseguenze oltre il dolore (che pure merita ascolto già di per sé, perché riduce nettamente l’energia vitale e la qualità della vita). Indagini internazionali indicano che intercorrono in media 7-9 anni, a seconda della nazione considerata, tra la comparsa di mestruazioni dolorose e la diagnosi di endometriosi. E che il 65-70% delle donne che poi ha avuto una diagnosi di endometriosi soffriva di dolore mestruale severo prima dei venti anni, come sua figlia.
L’endometriosi è una malattia caratterizzata dalla presenza di cellule endometriali al di fuori della sede corretta (endometrio “ectopico”, ossia fuori posto). Queste cellule rispondono alle stimolazioni ormonali come le cellule correttamente poste nell’endometrio, nella mucosa che riveste la parte interna dell’utero. Crescono in altezza sotto l’effetto degli estrogeni prodotti dall’ovaio nella prima parte del ciclo. Si arricchiscono di zuccheri per l’effetto del progesterone, prodotto dall’ovaio dopo l’ovulazione. E si sfaldano, con liberazione di sangue, sostanze pro-infiammatorie e prostaglandine, dovunque si trovino, quando la produzione di estrogeni e di progesterone da parte dell’ovaio cessa per quel ciclo, se non c’è stata fecondazione, affinché tutto si rinnovi il ciclo successivo. Se l’endometrio è ectopico, il sangue che si libera nei tessuti o in peritoneo è in assoluto il più potente fattore di allarme per il corpo, e il più potente evocatore di infiammazione e di dolore. Ecco perché il dolore va sempre ascoltato.

Ritardo di diagnosi: perché è frequente?

Com’è possibile che la diagnosi giusta ritardi tanto? si chiederanno lettrici e lettori. Per comprendere bene le ragioni, anche biologiche, dei frequenti ritardi diagnostici, non solo sul fronte dell’endometriosi, è importante considerare la “storia naturale” delle malattie. Essa ci aiuta a comprendere meglio quanto sia importante ascoltare con molto più rispetto, attenzione e tempestività i segnali che il nostro corpo ci dà (Box 1).
Per l’endometriosi, la diagnosi può essere clinica, in base ai sintomi (Box 2) che la giovane donna lamenta, e/o strumentale, con l’ecografia pelvica, la risonanza magnetica nucleare pelvica ed eventualmente la laparoscopia.
Quando non si ascoltano i sintomi, e si aspetta fino a trovare lesioni “visibili” con gli attuali mezzi di indagine, si rischia di trascurare una malattia potenzialmente già attiva nei tessuti da anni, con tutti i danni che ne derivano.
Attenzione: fortunatamente non tutti i cicli molto dolorosi sono causati dall’endometriosi: si pensa il 30-40%. Tuttavia è sempre corretto ridurre tempestivamente il dolore e il numero di cicli, sia perché la mestruazione dolorosa, ancor più se abbondante, divora energia vitale di per sé, sia perché per ora non è possibile diagnosticare per tempo le donne il cui dolore è causato proprio da un’endometriosi sottostante, ancora invisibile. Sono in corso ricerche molto interessanti su marcatori precoci, sul sangue.

Box 1. La storia naturale delle malattie

La storia naturale, ossia l’evoluzione, dell’endometriosi può essere vista, come quella di quasi tutte le altre malattie, come un film in due tempi.
Il primo tempo, molto più lungo, anni in genere, va dall’inizio delle alterazioni cellulari dentro i tessuti alla lesione visibile con gli attuali mezzi di indagine.
Il secondo tempo va dalla diagnosi di lesione visibile, che dà il nome alla malattia, confermata con il successivo esame istologico, alla cura, quando ancora possibile.
Una cellula ha un diametro che varia dai 10 micron (10 millesimi di millimetro: le dimensioni di un globulo rosso) a 20-30 micron o poco più. Una lesione, per esempio di endometriosi, di 2 millimetri cubici, visibile solo da ginecologi, ecografisti e radiologi super esperti, ha circa 14.000 cellule, che hanno già un alto potenziale infiammatorio e di dolore, soprattutto se sono presenti a decine nella profondità dei tessuti. Ecco perché anticipare la diagnosi nel primo tempo, ascoltando i sintomi mentre le lesioni sono ancora “invisibili” perché molto piccole, è essenziale.
Ciò è vero anche nei tumori. Un tumore alla mammella di 1 centimetro cubico contiene circa un miliardo di cellule ed è iniziato mediamente 10 anni prima della diagnosi mammografica. Per molti anni, mentre cresceva, era rimasto al di sotto della attuale soglia media di visibilità (5-6 mm). Un primo tempo di dieci anni, un secondo tempo variabile a seconda del tipo di tumore, delle cure effettuate, dell’età e delle condizioni generali di salute. Più precoce è la diagnosi, migliori sono le possibilità di cura efficace!

Box 2. I sintomi che devono far pensare a un'endometriosi

Uno o più dei seguenti sintomi deve indurre a valutare la possibile presenza, anche subclinica, non ancora visibile, dell’endometriosi e iniziare una terapia medica per valutare la loro riduzione, anche senza che siano già comparsi i segni evidenti della malattia:
- cicli abbondanti;
- cicli molto dolorosi;
- dolore durante la defecazione nella settimana di mestruazioni;
- dolore durante la minzione con sangue nelle urine;
- dolore ai rapporti nella penetrazione profonda;
- dolore pelvico cronico.

Mai banalizzare il dolore

E intanto? Il peggior errore che si possa fare in medicina è rendere “normale” il dolore. Questo sintomo è il grido d’aiuto, e la richiesta urgente di attenzione, che il corpo dà alla persona, e al medico, quando c’è un danno in corso. Sia esso causato da un’infezione, una ferita, un trauma, un’ustione, un infarto, un’ulcera, una lesione articolare, muscolare od ossea che sia, un’infiammazione intestinale, urinaria, vascolare o cerebrale. Quando una persona dice: «Ho male qui», fa da portavoce al proprio corpo e all’imperioso segnale di attenzione costituito proprio dal dolore.
Purtroppo, ancora oggi, molti studi indicano che il dolore è il sintomo più “normalizzato”: uno scacco, dal punto di vista della tempestività della diagnosi e delle cure.
Ecco perché è indispensabile che:
1. i medici vengano formati molto meglio nello studio e nella cura del dolore in ogni campo specialistico;
2. i ginecologi prestino più attenzione alla diagnosi tempestiva e alla cura del dolore mestruale;
3. le donne (e i genitori, quando hanno figlie adolescenti) chiedano diagnosi tempestive e cure serie ed efficaci;
4. si abbia più fiducia nelle cure ormonali. Se prescritte bene e tempestivamente, possono davvero cambiare in meglio la vita e salvare la salute: generale, procreativa e sessuale.

Cosa dicono le donne italiane

E’ stata condotta un’indagine online sul dolore mestruale, grazie a un questionario specifico pensato con alcuni colleghi e pubblicato sul sito “vediamocichiara.it”. In sole tre settimane hanno risposto ben 6739 donne. Le donne che hanno risposto hanno un profilo culturale e professionale più alto della media italiana: il 52% è laureato, contro il 23% della media nazionale; il 77% lavora, conto il 48% nazionale (dati Istat 2020). Eppure, solo il 28% ha ricevuto una diagnosi chiara del proprio dolore mestruale e delle sue cause, nonostante le maggiori possibilità culturali di discutere meglio con il medico i propri sintomi dolorosi. Come anticipato, e in linea con i dati internazionali, il 65% dice di aver sofferto di cicli molto dolorosi ben prima dei vent’anni. Su una scala del dolore standard (Visual Analogue Scale, VAS), che va da zero (nessun dolore) a 10 (il dolore più intenso mai provato), il 69% delle donne riferiva un dolore severo, di intensità da sette a dieci. Eppure, nonostante il livello culturale e professionale più elevato della media, l’attenzione clinica al dolore è rimasta deludente.

Cause di dolore mestruale severo nella donna giovane

Nella donna giovane, le cause più frequenti di ciclo molto doloroso sono due:
- il flusso troppo abbondante;
- l’endometriosi, una malattia dolorosa, seria e ingravescente, che può ridurre la fertilità, la qualità della vita e l’intera salute.
I cicli si considerano molto abbondanti, quando il consumo di tamponi o assorbenti è superiore a 5 al giorno. Ne soffre il 20% delle donne italiane intervistate, con molti altri sintomi (Box 3). Contribuisce all’anemia da carenza di ferro (sideropenica). Ben il 25-30% delle donne soffre di questo tipo di anemia, anche in Italia. Per ridurre una causa chiave di dolore mestruale è necessaria una diagnosi tempestiva ed efficace di ciclo abbondante, con prescrizione di cure ormonali adeguate, per ridurre il numero di flussi e riportarli alla normalità.

Box 3. Attenzione ai cicli abbondanti

Il flusso abbondante aumenta il dolore mestruale di quasi cinque volte, rispetto a un ciclo normale; raddoppia il rischio di endometriosi; è la prima causa di anemia da carenza di ferro, che dà segno di sé con:
- astenia e riduzione dell’energia vitale;
- depressione, che raddoppia nelle donne anemiche;
- ridotta capacità di attenzione, concentrazione e memoria;
- crampi notturni;
- caduta dei capelli;
- perdita del desiderio sessuale.

Ritardo diagnostico e modestia delle cure

La mestruazione molto dolorosa può essere il segno più precoce dell’endometriosi, malattia che può diventare visibile agli attuali mezzi di diagnosi (ecografia, risonanza magnetica, laparoscopia..) ben sette-nove anni dopo l’inizio del ciclo doloroso. Nel frattempo la malattia, ancora invisibile ma già attiva, distrugge la fertilità, danneggia la sessualità e causa un dolore ingravescente che confluisce nel severo dolore pelvico cronico. In linea con la drammatica “normalizzazione” e banalizzazione del dolore mestruale, sta l’inadeguatezza delle cure.
Dalla indagine condotta sulle donne italiane, solo il 32% delle donne riceve una prescrizione adeguata per il dolore mestruale da parte del ginecologo, e solo il 13% dal medico di medicina generale. Le altre ricorrono a internet (30%!), alle amiche, o, già meglio, al farmacista. Il 71% usa analgesici antinfiammatori e solo il 12% ha avuto in prescrizione una cura ormonale adeguata.

Quali sono le cure più tempestive ed efficaci?

Il dolore mestruale invalidante è una sirena d’allarme che va sempre ascoltata. Tanto prima, tanto meglio. Ancor più se con gli esami “non si vede (ancora) niente”. E’ allora che bisognerebbe iniziare con decisione una terapia medica per ridurre nettamente il dolore e la possibile endometriosi che lo sottende. Le opzioni terapeutiche più condivise nelle linee guida mondiali propongono un terapia ormonale con:
- estroprogestinici usati a scopo terapeutico. Pillola, cerotto o anello vaginale vanno usati in continua (ossia senza pause tra una confezione e l’altra di ormoni) per tre-quattro mesi, con una pausa di 4 giorni e poi ricominciando. Si riducono quindi sia il numero di mestruazioni, da 13 cicli a 3-4 l’anno o anche meno, sia la quantità di flusso, l’infiammazione e il dolore associati;
- progestinici, come il dienogest o il noretisterone acetato, sempre in continua. Il concetto chiave è che per frenare la possibile endometriosi sottostante, ancora invisibile ma già attivissima, bisogna ridurre il più possibile il numero di cicli e la quantità del flusso.
La terapia medica, con queste caratteristiche, va sempre iniziata per prima in caso di “adenomiosi”, l’endometriosi che si trova dentro la parete dell’utero, ossia nello spessore del miometrio, il muscolo che la costituisce, e/o di endometriosi minima infiltrante profonda.
L’intervento chirurgico andrebbe riservato all’endometriosi che si sviluppa nelle ovaie (“endometrioma”, se le dimensioni superano i 4-5 cm di diametro) e o alle lesioni infiltranti che diano sintomi e segni severi, per esempio lesioni della parete intestinale o vescicale.
Con la giusta terapia medica, quando indicata, l’endometriosi può essere tenuta sotto controllo, con minima o assente progressione, che si traduce in:
- netta riduzione dell’infiammazione e del dolore;
- netta ripresa dell’energia e della gioia di vivere.
Auguri di cuore per sua figlia e per tutte le giovani donne che hanno iniziato con fiducia la terapia medica.

Anemia Diagnosi differenziale Dienogest Dolore mestruale / Dismenorrea Endometriosi / Adenomiosi Flussi abbondanti Noretisterone acetato Regime contraccettivo esteso

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