Rino C. (Treviso)
Arrivo al punto: sì, il rallentamento della parola, e del pensiero che la sottende, è la punta dell’iceberg di un sottostante deterioramento cognitivo, presente in uomini e donne obesi. Minori capacità di memoria, di abilità mentale e di funzioni esecutive sono state ben dimostrate in rigorosi studi epidemiologici internazionali. Tre i meccanismi più accreditati che si potenziano fra loro nel causare il maggiore rischio di deterioramento cognitivo: 1) il tessuto adiposo, il grasso bianco, che ha un picco di accumulo nel grasso viscerale, è una bomba atomica biochimica. Produce, tra l’altro, miliardi di citochine infiammatorie, che causano una pericolosa neuroinfiammazione, ossia un micro-incendio biologico che lentamente distrugge le cellule nervose e le loro connessioni. Maggiore è la neuroinfiammazione, maggiore è il rischio di depressione e di deterioramento cognitivo, fino alla demenza. 2) Negli obesi aumenta il danno dei piccoli vasi e delle loro pareti, con una sofferenza microvascolare diffusa che riduce anche l’ossigenazione del cervello. E senza ossigeno, le cellule nervose funzionano sempre peggio, fino a morire: la cosiddetta “neuropatia ischemica”. 3) L’infiammazione e il danno cerebrovascolare ledono anche la barriera ematocerebrale, una frontiera dinamica super-selettiva finalizzata a proteggere il cervello da sostanze tossiche e germi. L’infiammazione legata all’obesità e alle patologie concomitanti, come il diabete e la sindrome metabolica, la rendono un colabrodo, con passaggio di sostanze tossiche per il cervello, ancora più abbondanti se prevale il cibo spazzatura, come grassi insaturi e dolci.
«Mens sana in corpore sano», mente sana in un corpo sano, dicevano gli Antichi duemila anni fa. Il paradosso attuale è che la maggiore comprensione dei fattori leader della buona salute è inversamente proporzionale all’impatto sugli stili di vita contemporanei. Il politicamente corretto ci ha messo del suo?
Pillole di salute
A.L. (Lodi)
Il testosterone, a livelli fisiologici, è un ottimo immunomodulatore. E’ più basso del normale in molte pazienti con malattie autoimmuni. Studi sperimentali ne hanno dimostrato la capacità di ridurre l’infiammazione dei tessuti. Mancano tuttavia studi clinici che ne confermino l’effetto favorevole nelle donne.
Cervello / Sistema nervoso centrale Depressione Funzioni cognitive - Disturbi cognitivi Neuroinfiammazione Neuropatia ischemica Obesità