La perdita della massa, della forza muscolare e della capacità di performance fisica sono le caratteristiche centrali della sarcopenia (dal greco “sárx”, carne, muscolo, e “penía”, scarsità, perdita), una condizione patologica molto sottovalutata che minaccia e distrugge l’autonomia di vita e la lucidità mentale personale, oltre a esser oggi il gigante minaccioso della geriatria mondiale. Per la verità anche i medici se ne sono accorti tardi. Solo nel 2016 il Center for Disease Control di Atlanta (USA) ha inserito la sarcopenia fra le serie condizioni di malattia. La sarcopenia “primaria” si riferisce alla perdita di circa l’1,5% della massa muscolare dai vent’anni in poi. La “secondaria” costituisce invece la forma accelerata di perdita muscolare, tanto più minacciosa quanto più è rapida e significativa.
Quali sono gli acceleratori della sarcopenia? L’inattività fisica, anzitutto. Poi l’obesità e la sindrome metabolica, nella quale il grasso occupa gran parte del volume corporeo, con muscolatura sempre più ridotta con l’aumentare del peso, dell’inattività fisica e dell’autoreclusione in casa, senza l’alternanza fra luce e buio naturali e con eccesso di luce artificiale. La sarcopenia peggiora in caso di depressione, di degenze a letto per malattie o fratture, per malattie neuromuscolari, per tumori, per effetto di cure cortisoniche e di carenze alimentari.
Come capire qual è lo stato di salute dei nostri muscoli? Basta guardarsi allo specchio: se i polpacci si sono assottigliati, se la muscolatura complessiva si è ridotta, se ci cadono le braccia (letteralmente) e le impietose “braccia a vela” mostrano un indubbio declino fisico, se la postura è accasciata e ingobbita, è già allarme, sempre più rosso. Più il declino muscolare è marcato, più siamo fragili. O sono fragili i nostri anziani, se li osserviamo con occhio attento. Se abbiamo difficoltà anche ad aprire una bottiglia di acqua minerale, dobbiamo doppiamente preoccuparci: perché quella debolezza dei muscoli della mano e del polso predice anche una maggiore vulnerabilità alle fratture del polso in caso di caduta. Anche la velocità e la perdita di sicurezza del passo sono un indicatore semplice e affidabile. Se poi vogliamo essere più scientifici, ecco che la sarcopenia è molto probabile se questa velocità è inferiore a 0,8 metri al secondo. Esami strumentali più specifici, come bioimpedenziometria, tomografia assiale computerizzata (TAC) o densitometria (DEXA), la possono confermare e quantizzare.
Perché la fragilità muscolare è così minacciosa per la salute? La prima ragione è la stretta correlazione con il declino cognitivo. Il 70% dei pazienti con demenza severa presenta sarcopenia e il 60% delle persone con sarcopenia presenta un deficit cognitivo. Di fatto, l’attività muscolare è un fattore di maggiore giovinezza cerebrale. L’irisina, che ho ricordato recentemente, è un potente fattore di rigenerazione cerebrale, insieme ad altri fattori neurotrofici, più stimolati se l’attività fisica, come il camminare, si associa all’apprendimento di qualcosa di nuovo, per esempio uno sport. Ancora meglio se il movimento è effettuato con accompagnamento musicale, come avviene nel ballo: una fantastica attività anti-age, perché in tal caso vengono attivate molte più connessioni fra le cellule nervose, con creazione di nuove sinapsi, una migliore comunicazione fra i neuroni e una più efficace riparazione dei danni da età e infiammazione. Questo migliora la “rete stradale” biologica del cervello, che sottende il pensiero, la memoria e l’efficacia con cui i ricordi tornano alla mente. Ma anche la velocità con cui troviamo la parola giusta, conversando, o ricordiamo nomi ed eventi recenti. Non solo. A livello di placca muscolare, il comando mentale che dice al muscolo “muoviti!” libera due tipi di sostanze: l’acetilcolina, primo attivatore motorio, ma anche fattori che inducono i mioblasti, gli operai costruttori, ad aumentare la sintesi di actina, miosina e tropomiosina, le proteine che costituiscono i muscoli. Con squisita reciprocità, la placca muscolare libera fattori trofici che aiutano la manutenzione e la riparazione delle fibre nervose, i dendriti motori e i loro neuroni, rallentando in parallelo anche la comparsa del Parkinson. Attenti anche all’alimentazione, con il giusto apporto proteico (circa 1 grammo per chilo di peso) e pochi zuccheri semplici.
In sintesi: cominciamo la giornata con attività fisica all’aria aperta, per restare più tonici, più sani, più autonomi, più svegli. E perfino più felici di essere vivi.
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