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Vaccino anti HPV: approfondimenti scientifici e clinici

03/06/2011

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile Professoressa, sono uno studente al secondo anno di medicina. Qualche giorno fa ho letto con molto interesse la sua risposta al padre che chiedeva informazioni sulla possibilità di vaccinare il figlio contro i condilomi genitali. Mi sono posto però alcune domande alle quali spero vorrà rispondere: qual è il motivo scientifico per cui il vaccino anti HPV non può trasmettere alcuna patologia virale? Il vaccino ha controindicazioni, o effetti collaterali? Quanto dura la protezione? Ho anche letto che il vaccino è offre una protezione “crociata": che cosa significa esattamente? Grazie infinite, e scusi se magari le ho fatto delle domande banali”.
Massimo (Bologna)
Gentile Massimo, le sue domande non sono affatto banali e meritano, anzi, una risposta documentata e approfondita. Tanto più che lei studia medicina, e dimostra una lodevole curiosità per gli aspetti tecnici e scientifici delle questioni che solleva! Prima di entrare nel vivo delle sue domande, ricordo che esistono due tipi di vaccino anti Papillomavirus. Il bivalente protegge dai ceppi 16 e 18, responsabili del 70% dei carcinomi del collo dell’utero. Il quadrivalente offre protezione non solo contro i ceppi 16 e 18, ma anche contro il 6 e l’11, responsabili del 90% dei condilomi genitali e di una parte (circa il 10%) delle lesioni intraepiteliali di grado lieve (Intraepithelial Cervical Neoplasia, CIN 1). Ricordo anche che il cancro del collo dell’utero è la seconda causa di morte per tumore in Europa nelle donne fra i 15 e i 44 anni, dopo il tumore della mammella. In Italia i casi diagnosticati ogni anno sono 3.500, con una mortalità pari a circa il 30% (più di 1000 donne).

Perché il vaccino non comporta alcun rischio di contrarre infezioni da Papillomavirus?

La ragione, come spiegavo sommariamente nella risposta da lei citata, sta nella struttura del virus. Vediamo meglio questo concetto. Il Papillomavirus è formato da DNA a doppia elica, contenente i geni necessari alla sua replicazione, in circa 8.000 kbasi, e da un rivestimento proteico formato dal ripetersi di due sole proteine: la L1, all’esterno, e la L2, all’interno. Questo rivestimento è organizzato in un capside a geometria icosaedrica formato da 72 capsomeri, ognuno a sua volta composto da una “rosetta” di cinque proteine L1. Il gene L1 determina variazioni nella proteina del capside virale e quindi la diversità esteriore dei diversi ceppi, un po’ come fa il numero di targa di un’autovettura.
Il vaccino contiene come principio attivo solo particelle identiche alla proteina L1, ma non il DNA virale: esso è quindi in grado di riconoscere le differenti “targhe” dei ceppi per cui è stato sviluppato e di indurre un’appropriata azione anticorpale, ma non di trasmettere il virus attivo.

Come si ottengono le proteine L1 del vaccino?

Sono prodotte da cellule di lievito (Saccharomyces cerevisiae), con una tecnologia ben nota dal punto di vista della sicurezza e della tollerabilità perché già utilizzata per la produzione del vaccino antiepatite B. Il vaccino contiene inoltre alluminio idrossifosfatosolfato amorfo (AAHS), un adiuvante che aumenta l’efficacia nell’induzione della risposta anticorpale perché “presenta” le proteine L1 con una modalità che ne ottimizza la capacità immunogena. Anche questo adiuvante è utilizzato da anni in numerosi altri vaccini in commercio anche in Italia.

Quali sono i possibili effetti collaterali del vaccino?

In accordo con la convenzione del Council for International Organizations of Medical Sciences (CIOMS), si distinguono effetti molto comuni (rialzo febbrile; eritema, dolore e gonfiore nel sito di iniezione); comuni (sanguinamento e prurito, sempre nel punto dell’iniezione); rari (orticaria); molto rari (broncospasmo). La vaccinazione non sembra avere effetti sulla gravidanza (la percentuale di aborti spontanei è sovrapponibile al gruppo trattato con placebo) e sull’allattamento.

E le principali controindicazioni?

La più importante, come per tutti gli altri vaccini, è la possibile ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Le giovani che sviluppano sintomi indicativi di ipersensibilità dopo aver ricevuto una dose di vaccino anti HPV non devono ricevere dosi ulteriori. La somministrazione del vaccino deve inoltre essere rimandata in caso di malattie febbrili gravi in fase acuta. La somministrazione del vaccino va affrontata con cautela anche nei soggetti affetti da trombocitopenia o da altri disturbi della coagulazione, poiché in questi soggetti la somministrazione per via intramuscolare può provocare sanguinamenti. Infine, come per tutti i vaccini iniettabili, deve essere sempre disponibile un adeguato trattamento medico di emergenza in caso di reazione anafilattica.

Il vaccino protegge contro tutti i tipi di HPV?

Ovviamente no. I vaccini proteggono entrambi contro i tipi di virus 16 e 18, anche se con un’efficacia diversa: 90 per cento per il bivalente e 97-99,5 per cento per il quadrivalente. Il quadrivalente, come dicevo all’inizio, previene anche i tipi 6 e 11.

Che cosa significa allora che il vaccino può offrire una protezione "crociata"?

Il meccanismo della protezione crociata è dovuto alla stretta somiglianza fra le proteine L1 dei ceppi 16 e 18 e quelle di altri ceppi oncogeni (soprattutto 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59). Potremmo dire che questi ceppi hanno numeri di “targa” quasi uguali, e quindi possono essere individuati e colpiti dal vaccino. A questo proposito, nel 2008, l’Agenzia Europea del Farmaco (EMEA) ha autorizzato l’aggiornamento delle indicazioni del vaccino quadrivalente, che ad oggi è l’unico ad offrire una dimostrata protezione crociata anche contro altri tipi di HPV non direttamente coperti dal preparato.

Quanto dura la protezione del vaccino?

Non è possibile conoscere a priori la durata d’azione di un vaccino. Tre caratteristiche immunologiche consentono però di stimarla in modo abbastanza attendibile:
a) la percentuale di “responder”, ossia di persone il cui organismo risponde alla vaccinazione con un’adeguata produzione anticorpale: studi di fase III per il vaccino quadrivalente hanno dato un risultato pari al 99,5 per cento, un valore estremamente elevato che suggerisce anche una copertura estesa nel tempo; [mia aggiunta: è corretto?]
b) l’analisi matematica del decadimento del titolo anticorpale nel tempo: diversi studi suggeriscono che l’efficacia del vaccino quadrivalente sia a lungo termine;
c) la memoria immunitaria: le donne trattate con vaccino quadrivalente, e il cui sistema immunitario sia stato nuovamente esposto ai ceppi virali cinque anni dopo, hanno manifestato una memoria immunitaria di alto livello, il che è segno di protezione a lungo termine.

Prima di vaccinarsi è necessario eseguire un HPV test?

No: l’HPV test è un esame utile nell’ambito della prevenzione secondaria e negli approfondimenti diagnostici, poiché permette di scoprire la presenza dell’infezione. La vaccinazione è invece un atto di prevenzione primaria che elimina il rischio di contrarre il virus. Inoltre una donna che risulti positiva genericamente a un test HPV potrebbe non aver incontrato uno dei 4 tipi vaccinali, ma uno dei molti altri circolanti, e quindi essere ancora completamente sensibile all’azione preventiva del farmaco.
Spero di avere risposto esaurientemente a tutte le sue curiosità. Per maggiori approfondimenti su tutti i punti trattati, le suggerisco comunque di leggere gli altri articoli contenuti in questo sito e, in particolare, le schede pubblicate sul sito della mia Fondazione, che propone anche degli interessanti video (veda i link sotto riportati). Molti auguri per i suoi studi!

Malattie sessualmente trasmesse Papillomavirus Vaccino anti HPV

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