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Cicogne tardive: rischi e opportunità

22/02/2010

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Mamme a quarant’anni e oltre? Eccole, in crescita rapida, sorridenti e felici. E’ questo uno dei dati emergenti in un’Italia sempre più cauta nel procreare nelle età più giovani. L’ultima ondata di cicogne tardive sorride baldanzosa: con quali opportunità, tuttavia, e quali rischi?
Per le donne al primo figlio, il sogno di diventare madri, rimandato a lungo per ragioni di realizzazione professionale, per motivi economici, o per la mancanza di un partner con cui costruire un progetto di famiglia, può diventare acutamente doloroso con l’avvicinarsi dei quarant’anni, che storicamente segnavano per le donne il limite per una fertilità sicura e sana. Da un lato, perché la probabilità di concepire spontaneamente si riduce drasticamente dopo tale età, dall’altra perché aumentano i rischi di avere un bambino in vario grado imperfetto.
I fattori che contribuiscono a questo cambiamento sono molteplici: la differenza tra età psichica ed età biologica, innanzitutto. A quarant’anni molte donne si sentono “ragazze”, con gli entusiasmi, i desideri di una donna di almeno dieci anni di meno. E se un figlio non è stato ancora concepito, perché non ora? Quando la serenità economica è certa, quando la vita professionale ha collocato ambizioni e desideri affettivi in un’altra prospettiva, ora che con un partner si può fare un progetto di vita. Già, perché non ora? Perché la biologia ovarica mantiene i limiti di sempre. Le cellule riproduttive, gli ovociti, perdono qualità dopo i trent’anni, con un secondo tonfo dopo i 35-38 anni. Una scarsa qualità che si traduce in un aumento degli aborti spontanei, che arrivano al 40% dei concepimenti a quarant’anni, e l’8% di malformazioni a termine, una percentuale doppia rispetto alla media nazionale, che è del 3-5%, a seconda della zona di residenza. Aumenta, in particolare, il rischio di malattie cromosomiche.
Il secondo fattore di cambiamento è la possibilità di diagnosi prenatale. Alla decima settimana di gravidanza è possibile fare la villocentesi, che ci dirà se il bambino è cromosomicamente sano e senza le principali malattie genetiche che possiamo diagnosticare. L’esame non ci dà la certezza di un bimbo perfetto, ma i guai maggiori possono essere diagnosticati. Questo può dare un’enorme serenità alle donne che concepiscono dopo i quarant’anni: che sollievo sapere fin quasi dall’inizio che il bambino è sano! E se non lo è? Se l’esame ci dà quel responso terribile, temuto come un incubo: malato, o affetto da anomalia cromosomica? Questo può comportare una scelta pesantissima, sia affettiva sia etica: un aborto terapeutico. Scelta di cui non si parla, perché si preferisce posare lo sguardo sulle gravidanze felici. Ma il costo di dolore e di pianto, nell’ombra dell’ultimo scacco procreativo che si concluda con un aborto, può essere tremendo e più pesante della sola infertilità. Come resta pesantissimo, per le donne e le coppie che scelgano di non abortire, l’avere un bambino variamente problematico.
Il terzo fattore di cambiamento, la grandissima rivoluzione che ha sbaragliato il limite non solo dei quarant’anni, ma anche quello dei cinquanta e oltre, è la fecondazione assistita, con ovodonazione. Se la donna ha un utero normale (senza fibromi o malformazioni) può concepire, anche oltre i sessant’anni, con le opportune cure ormonali e l’ovodonazione. Quest’ultima non è possibile in Italia, ma all’estero tutto si fa: con gli ovociti di una fanciulla in fiore, intorno ai venti-venticinque anni, c’è la massima probabilità di un ovocita sano e vitalissimo. E se il partner è fertile, ecco il sogno realizzato: il bimbo è geneticamente figlio del padre (50% dei geni) e della donatrice (50%). Ma una donna che si sente crescere il bimbo dentro per nove mesi, che lo sente muovere, che lo partorisce e lo allatta, quanto si cura della genetica? Il bimbo è suo e basta. Figlio della tecnologia, dell’amore e di un sogno. Sarà un bambino prezioso, probabilmente super viziato ma, accertato che sia sano, fino ai cinquant’anni non ci sono rischi psicologici superiori rispetto alle mamme di età inferiore ai quaranta. E allora, si dicono molte donne, perché no?

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