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Fibromi uterini, tutte le alternative di cura

07/07/2017

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

ATTENZIONE: Il farmaco di cui si parla in questo articolo, l’ulipristal acetato, approvato per la cura della fibromatosi uterina e usato da oltre 800.000 donne nel mondo, è stato ritirato dal commercio per iniziativa del Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC) della European Medicines Agency (EMA), per alcuni casi di epatite grave comparsa in corso di trattamento.
“Mia moglie ha un fibroma che le provoca cicli abbondanti e dolorosi, e molta debolezza. Il medico di famiglia le consiglia di operarsi, la ginecologa preferirebbe tentare prima una terapia medica. Non abbiamo ancora figli, il che ci rende particolarmente antipatica l’idea di un’isterectomia. Sappiamo però che anche la chirurgia prevede soluzioni diverse, e non tutte radicali come l’asportazione dell’utero. In sostanza, non sappiamo deciderci. Lei ci può dare una mano a capire meglio le varie alternative? Grazie davvero”.
Fulvio C.
Gentile Fulvio, vi do volentieri una panoramica generale e per i dettagli vi rimando ad altri articoli pubblicati su questo sito e sul sito della mia fondazione, che proprio l’anno scorso ha dedicato ai fibromi uterini un corso specialistico di grande successo. Iniziamo da un breve inquadramento del disturbo.
I fibromi uterini, chiamati anche miomi o leiomiomi, sono i tumori benigni più frequenti nella donna e sono dovuti alla proliferazione delle fibre muscolari lisce dell’utero. A seconda dell’età, la loro incidenza varia tra il 20 e l’80 per cento. Il fibroma si manifesta soprattutto durante il periodo fertile, ma numero e volume possono aumentare con l’età.

Esistono specifici fattori di rischio?

I più importanti sono l’etnia (i fibromi colpiscono soprattutto le donne afroamericane), l’obesità, il fatto di non aver avuto gravidanze e una probabile base genetica. I fibromi, inoltre, tendono a manifestarsi con più frequenza nelle donne di una stessa famiglia e a un’età sempre più precoce da una generazione all’altra. Questa tendenza, unitamente all’aumento dell’età della prima gravidanza, oggi particolarmente netto in Italia, può creare gravi problemi di fertilità.

Quali sono i sintomi più frequenti?

Premesso che la fibromatosi può anche essere asintomatica, i sintomi principali sono quattro:
- il ciclo abbondante fino all’emorragia, con peggioramento del dolore mestruale;
- la conseguente anemia da carenza di ferro, con astenia e grande debolezza;
- la compressione sugli organi vicini, come la vescica e l’intestino;
- il dolore durante i rapporti sessuali, con conseguente caduta del desiderio.

Come si curano?

Il trattamento va personalizzato in base a sintomatologia, dimensione, posizione e numero dei fibromi, età della paziente e desiderio di preservare la fertilità o l’utero. Ecco perché, volendo dei figli, fate bene a interrogarvi sulla scelta migliore. E la vostra ginecologa ha ragione: in medicina la regola generale è sempre quella di partire dalla terapia medica, e fare ricorso alla chirurgia (ma fra un attimo vedremo che ci sono anche altre tecniche di intervento) solo quando i farmaci non danno l’effetto voluto.
Anche quando si decide per l’intervento, può essere necessario un trattamento farmacologico pre-chirurgico per ridurre il volume dei fibromi e correggere l’anemia, e quindi rendere l’intervento meno invasivo e più sicuro. L’ulipristal acetato è un farmaco che è stato introdotto proprio con questa indicazione e che poi si è dimostrato così efficace da rendere inutile, il più delle volte, il successivo intervento.

Di che cosa si tratta?

E’ un modulatore selettivo del recettore del progesterone, che in studi recenti ha dimostrato di essere molto rapido ed efficace nel controllo del sanguinamento e nella riduzione del volume dei fibromi, con un alto profilo di sicurezza e tollerabilità.
Come dicevo poco fa, originariamente era finalizzato alla fase pre-chirurgica. Oggi le evidenze sull’efficacia sono così buone da rendere superfluo l’intervento stesso: basta ripetere periodicamente la terapia farmacologica. Il trattamento può essere ripetuto per quattro cicli di tre mesi ciascuno, intervallati ciascuno da due cicli mestruali, per un totale di 18 mesi di terapia, con netto miglioramento di tutti gli indicatori soggettivi e obiettivi di benessere e salute. L’ulteriore buona notizia è che questo farmaco è rimborsato dal servizio sanitario nazionale, previa certificazione di un medico abilitato dalla regione di appartenenza (in genere ginecologi ospedalieri o universitari).
Soltanto una piccola percentuale di donne non ne ha ricava benefici, e in questi casi si possono prendere in considerazione le alternative terapeutiche di seconda linea: chirurgiche, ultrasuoni, embolizzazione.

In che cosa consistono?

Le terapie chirurgiche possono essere conservative o demolitive. L’isterectomia è demolitiva e risolve radicalmente il problema, ma compromette la fertilità e può ferire la percezione dell’identità femminile. Per questo viene eseguita solo se strettamente necessaria. Inoltre non è esente da rischi, come sanguinamenti, infezioni, dolore post-operatorio, incontinenza, disfunzioni sessuali, depressione, nonché lesioni a vagina, vescica, ureteri e retto.
La miomectomia invece è conservativa, perché con essa il chirurgo toglie il fibroma ma lascia intatto l’utero, con il rischio tuttavia di recidive; normalmente viene effettuata per via laparoscopica, una metodica che non lascia cicatrici.
Da alcuni anni, poi, si sta affermando anche in Italia una tecnica di radiologia interventistica non invasiva nota come HIFU (High Intensity Focused Ultrasound), che si avvale di ultrasuoni proiettati direttamente sul fibroma da eliminare. Non vi si può ricorrere se la donna è sovrappeso o obesa, se è minorenne oppure se è risultata positiva al pap-test per l’HPV, con presenza di lesioni displasiche pretumorali.
Anche l’embolizzazione, infine, è una tecnica di radiologia interventistica: si effettua un forellino in una arteria dell’inguine e vi si inserisce un tubicino di plastica che raggiunge il fibroma, e lo rimpicciolisce riducendo l’apporto sanguigno nella zona. Il resto del tessuto uterino non viene toccato.

In conclusione

Chiedete alla vostra ginecologa di spiegarvi bene i pro e i contro delle diverse opzioni e di aiutarvi a scegliere nel migliore dei modi, eliminando i sintomi che fanno soffrire sua moglie ma anche preservando, nei limiti del possibile, la fertilità e la possibilità di una futura, felice gravidanza!

Approfondisci l'argomento sul sito della Fondazione Alessandra Graziottin

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