L’osservazione così pertinente di quel marito sollecito mi è tornata in mente mentre partecipavo ad un corso di aggiornamento di altissimo livello sulla stipsi: sintomo a torto considerato banale, e che invece può ridurre in modo significativo la qualità della vita e il senso di benessere delle persone che ne sono colpite. Un problema marginale? Non proprio. Colpisce anzi una parte notevole della nostra popolazione, fin dall’infanzia. Ne sono affetti il 18% dei bambini, in cui questo sintomo risulta al terzo posto, dopo i rigurgiti (23%) e le coliche addominali (21%). Negli adulti varia tra il 10 e il 28%, a seconda del metodo di indagine, e sale progressivamente negli anziani. E’ un problema rilevante, e negletto, in gravidanza, quando colpisce fino al 36% delle donne.
Purtroppo questo sintomo è trascurato, con lodevoli eccezioni, dai medici di famiglia ma anche da molti specialisti. Finisce quindi per essere autogestito dai pazienti, che ricorrono in vasta maggioranza ai prodotti di erboristeria, che in quanto “naturali”, sono considerati ipso facto innocui. Affermazione non vera, perché molte sostanze di derivazione naturale, per esempio, la senna o la cascara, sono efficaci proprio perché sono potentemente irritanti per la parete intestinale. E comunque non possono essere usate in gravidanza, né per lungo tempo. Invece sono prodotti cui ricorrono in massa le donne e, in particolare, le persone anziane. In realtà la stipsi è un semaforo rosso che si accende sia sulla salute intestinale, sia sulla salute generale, e che per questo necessita di una valutazione appropriata di tipo medico. Basti pensare, nelle bambine e nelle donne, a quante vaginiti e cistiti ricorrenti siano dovute a germi di provenienza intestinale, quali l’Escherichia coli o l’Enterococcus faecalis. E a quante prostatiti nell’uomo siano la spia di una stitichezza persistente e trascurata. Per non parlare della sindrome del colon irritabile associata a stipsi e alla sue ripercussioni sia sul dolore addominale e pelvico cronico, sia sul benessere generale. Come affrontare questo problema? Innanzitutto diagnosticandolo correttamente perché questo sintomo può essere la parte emergente di condizioni mediche molto diverse. Ecco perché è bene parlarne con il medico di famiglia, che valuterà se si tratti di una stitichezza occasionale o cronica. In tal caso, se sia dovuta a rallentato transito intestinale (“stipsi propulsiva”), a difficoltà espulsive (“stipsi ostruttiva”) o a tutt’e due (stipsi mista). Questo perché la scelta terapeutica è diversa a seconda del tipo. Per esempio, aumentare la quantità di acqua bevuta giornalmente, avere una dieta ricca di fibre e fare movimento fisico quotidiano sono consigli generali più efficaci nelle forme da transito rallentato. Le quali, tra l’altro, peggiorano con la depressione, ma anche con taluni antidepressivi e molti altri farmaci. Nelle forme ostruttive ci può essere in prima linea causale un “ipertono” del muscolo che chiude in basso il bacino, spesso associato a un’eccessiva contrazione delle sfintere anale: in questo caso il primo aiuto è imparare a rilassare appropriatamente questo muscolo, con una fisioterapia specifica e/o con una metodica riabilitativa semplice chiamata “biofeedback elettromiografico”. Tuttavia possono essere dovute anche al prolasso uterino, così frequente nelle donne che hanno partorito per via vaginale, ma anche a ulcere solitarie del retto o ad altre condizioni mediche che ledono la funzionalità del tratto terminale dell’intestino. E’ chiaro quindi che la scelta “sintomatica”, ossia il lassativo con diversa modalità di azione ed efficacia, deve essere fatta a valle di una diagnosi corretta, e non autogestita, scegliendo formulazioni che siano anche innocue e utilizzabili – restando efficaci – anche nelle terapie croniche, di lunghissima durata. Tra i principi attivi che soddisfino i criteri di efficacia, sicurezza e innocuità assoluta sta il polietilenglicole, che per questa ragioni ha meritato il grado di raccomandazione medica internazionale di tipo A (ossia di prima scelta) per la stipsi. Funziona in modo semplice: trattiene le molecole d’acqua, aumentando la massa del materiale da espellere e ammorbidendone la consistenza. Per questo ha anche il vantaggio di mantenere intatta l’efficacia nel tempo, diversamente da molte altre sostanze “attive” sulla mucosa intestinale. Non ultimo, può essere usato in piena tranquillità anche per tutta la durata della gravidanza, perché è minimamente assorbito a livello intestinale, non è teratogeno ed è quindi assolutamente innocuo per il bambino.
In ogni caso, il messaggio chiave è uno: in caso di stipsi, parlatene sempre con il medico di fiducia. Soprattutto nelle stipsi che compaiono dopo una sostanziale regolarità, è indispensabile che il medico valuti la “comorbilità”, ossia la compresenza di altre patologie, dal diabete all’ipotiroidismo, alla già menzionata depressione, a patologie croniche, quali il Parkinson o l’Alzheimer o la sclerosi multipla, ed escluda o diagnostichi precocemente patologie anche neoplastiche. Ecco perché la stitichezza non può essere banalizzata: perché è un sintomo amico, che ci invita a riflettere sui nostri stili di vita, così da migliorarli, e a dialogare apertamente con il medico, per capire se non sottenda problemi ben più seri, da diagnosticare e curare subito. Altrimenti può diventare un sintomo nemico, senz’altro del benessere e, a volte, perfino della vita.
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