“Mia moglie soffre da tempo di diarrea e crampi addominali: il medico ha ipotizzato che si tratti di “ipolattasia” e le ha consigliato di non mangiare più i formaggi, perché sono loro a provocare quei disturbi. Noi però vorremmo saperne di più: che cos’è esattamente l’ipolattasia? Può comportare altri problemi, oltre a quelli intestinali? E per guarire, basta davvero eliminare i formaggi? Grazie infinite per i suoi consigli”.
Alessandro B. (Ravenna)
Alessandro B. (Ravenna)
Gentile signor Alessandro, per rispondere alle sue domande dobbiamo fare un passo indietro e capire alcuni importanti meccanismi digestivi. Le anticipo però che il problema di sua moglie non è una vera e propria malattia, ma una condizione che riguarda moltissime persone adulte: non si tratta quindi – per usare le sue parole – di “guarire”, ma effettivamente di rispettare alcune semplici regole alimentari che mettano al riparo dai disturbi di cui la signora soffre.
Che cos'è l'ipolattasia?
Questo termine definisce la mancanza di un enzima chiamato “lattasi”. Esso serve a scomporre il lattosio – lo zucchero complesso contenuto nel latte dei mammiferi – nelle sue due componenti fondamentali: glucosio e galattosio. Solo così il lattosio può essere assorbito a livello intestinale, passare nel sangue e contribuire all’alimentazione. Se la lattasi manca o viene prodotta in quantità insufficiente, si parla appunto di “ipolattasia”: il lattosio non viene assorbito dall’organismo, si accumula nell’intestino, richiama acqua e per effetto della flora batterica fermenta. E’ questo processo a provocare diarrea, dolori e crampi addominali, ma anche stitichezza, flatulenza e gonfiore. L’irritazione intestinale causata dal lattosio iperattiva il mastocita, una cellula di difesa che rilascia nei tessuti una grande quantità di molecole infiammatorie: sono queste sostanze che, viaggiando nel sangue, causano dolore non solo nell’intestino ma anche in organi distanti, favorendo per esempio la cefalea o i dolori articolari nei soggetti predisposti.
Perché afferma che l'ipolattasia non è una vera e propria malattia?
Perché i livelli di lattasi sono elevati alla nascita e nel primo anno di vita, ma poi si riducono quasi sempre: la maggior parte delle persone adulte di conseguenza diventa intollerante, ossia non riesce più a digerire bene il latte e i suoi derivati. In Italia, per esempio, si stima che ci siano 20 milioni di persone intolleranti al lattosio, di cui circa 5 milioni e seicentomila donne in età fertile.
Per completezza, aggiungo che raramente il deficit di lattasi è secondario a malattie associate ad alterazioni morfologiche della mucosa intestinale, come la celiachia, le infezioni virali acute, il morbo di Crohn e la sindrome dell’intestino irritabile. In questi casi è essenziale procedere a un’accurata diagnosi differenziale per individuare e curare la patologia che lo provoca.
Per completezza, aggiungo che raramente il deficit di lattasi è secondario a malattie associate ad alterazioni morfologiche della mucosa intestinale, come la celiachia, le infezioni virali acute, il morbo di Crohn e la sindrome dell’intestino irritabile. In questi casi è essenziale procedere a un’accurata diagnosi differenziale per individuare e curare la patologia che lo provoca.
Ma i formaggi li dobbiamo eliminare completamente?
Questo dipende dal vostro medico curante: se le indicazioni che vi ha dato non sono specifiche, è opportuno che lo risentiate. Quello che posso dirvi io è che l’intensità dei sintomi è molto variabile, e solo nei casi più severi è necessario escludere del tutto questi alimenti. In tutti gli altri, è possibile tenere sotto controllo i sintomi con piccoli accorgimenti: bere il latte durante i pasti, o accompagnarlo con qualche biscotto; preferire i prodotti fermentati, come lo yogurt, e i formaggi che contengono pochissimo lattosio, come il grana e l’emmenthal.
Poniamo che il divieto sia assoluto: come possiamo integrare il calcio necessario alle ossa?
Questa è una domanda molto pertinente: il calcio contenuto nei latticini è una sostanza preziosa per l’organismo, e quindi sua moglie dovrebbe sostituirlo con un’integrazione di circa 1000 mg al dì (che salgono a 1500 in caso di gravidanza). Ricordate però che per ottimizzarne l’assorbimento e nutrire correttamente le ossa occorre assumere anche la vitamina D e fare un’ora di movimento fisico aerobico al giorno: basta una bella camminata di buon passo.
E' vero però che il lattosio è contenuto anche in molti farmaci?
Sì, come eccipiente (box): e questo, ad esempio, può essere un problema per la pillola contraccettiva. La diarrea, d’altra parte, provoca un ridotto assorbimento di qualsiasi farmaco orale, pillola inclusa. In questi casi, quindi, è meglio ricorrere a una via di somministrazione e metabolizzazione diversa: l’alternativa migliore è il cerotto transdermico.
Per quale motivo?
Perché viene assorbito direttamente attraverso la pelle, saltando sia la via digestiva sia il primo passaggio del fegato. Proprio per questo il cerotto è consigliato a tutte le donne che abbiano problemi gastrointestinali: dall’ipolattasia, come sua moglie, alla celiachia, dalla sindrome dell’intestino irritabile al morbo di Crohn, sino ai disturbi del comportamento alimentare, come la bulimia, caratterizzati da vomito e abuso di lassativi.
Quali altri vantaggi offre il cerotto?
Grazie al costante passaggio nel sangue di minime quantità di ormoni, garantisce sia una perfetta azione contraccettiva, sia una sensibile riduzione del dolore mestruale e della sindrome premestruale. Il progestinico che contiene, la norelgestromina, è molto simile al progesterone naturale ed è curativo per l’acne e l’ipertricosi (aumento di peli in sedi tipicamente femminili). Inoltre il cerotto non fa ingrassare, ha un minore impatto sul colesterolo e basta cambiarlo una volta alla settimana. E se la donna dimentica di sostituirlo, garantisce un’efficacia contraccettiva di ben due giorni, contro le poche ore concesse dalla pillola. Per tutti questi motivi, è un’alternativa da prendere seriamente in considerazione.
Che cosa sono gli eccipienti?
Si usa questo termine per indicare qualsiasi sostanza che, in un determinato farmaco, non sia il principio attivo. In base alle loro proprietà possono essere impiegati, per esempio, come diluenti, assorbenti, lubrificanti, leganti, ma anche coloranti, aromatizzanti e antimicrobici. Insieme al glucosio, al saccarosio e ad altri composti, il lattosio è uno degli eccipienti più utilizzati per diluire le polveri di principio attivo, quando la massa del principio attivo stesso non è sufficiente per la preparazione del farmaco.